Aumento medio del 18% del costo dell‘energia elettrica per le imprese del commercio, dell’alloggio e della ristorazione, registrato tra il 2009 e il 2012: un carico fiscale di sei volte maggiore rispetto alle grandi aziende industriali, le maggiori consumatrici di energia. È questo il paradosso italiano, riscontrato dal rapporto di Confcommercio realizzato in collaborazione con REF Ricerche, intitolato “I costi dell’energia elettrica e del gas naturale per le imprese del commercio e dei servizi di alloggio e ristorazione”.
12 euro ogni 1000 KWh consumati per le piccole aziende contro gli appena 2 euro ogni 1000 KWh delle grandi aziende: tale squilibrio sembra dovuto a dei meccanismi iniqui che penalizzano i piccoli consumatori, riscontrati all’interno del sistema tariffario italiano, nel quale sono presenti trasferimenti impliciti, agevolazioni ed esenzioni di cui beneficiano solo pochi grandi soggetti industriali “energivori”. In particolare le piccole aziende che risultano maggiormente penalizzate sono quelle del commercio e dei servizi di alloggio e ristorazione.
Inoltre, confrontando i dati italiani con quelli europei, lo squilibrio appare con ancora più evidenza: le micro e piccole imprese italiane difatti pagano in media l’energia elettrica il 25% in più rispetto a quelle europee; il gas naturale il 17% in più (aumentato anch’esso, in Italia, del 47% negli ultimi quattro anni). In particolare, il costo dell’energia elettrica per le nostre imprese risulta superiore del 100% rispetto a quelle francesi: un dato davvero impietoso.
Sempre secondo lo studio, gli aumenti degli ultimi quattro anni non sono dovuti ad un incremento del costo della materia prima, che anzi è diminuito del 12% negli ultimi tre anni scendendo intorno al 40% del costo totale, ma piuttosto agli oneri impropri (parafiscali) che sono più che raddoppiati, passando dal 10% al 23% circa. E non è chiaro come avvenga che questi oneri gravino solo ed esclusivamente sulle piccole imprese: in questo modo si verifica che meno di mille grandi aziende prelevano quasi un quarto dell’energia utilizzata per fini produttivi, ma pagano appena il 4,4% dei costi totali.
Per le imprese del “commercio, alloggio e ristorazione”, le voci di costo diverse dal consumo di energia sono cresciute notevolmente nel corso degli ultimi quattro anni, in particolare con l’aumento del 40% dei costi relativi al dispacciamento e del triplicarsi degli oneri impropri. Questo costi si riferiscono a diverse voci, dagli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili a quelli connessi all’uscita dal nucleare, dai quali le grandi aziende sono, ovviamente, esentate.