Emissioni, la Germania vuole più flessibilità

Emissioni, la Germania vuole più flessibilità. I tedeschi contrari all’accordo che prevede la riduzione delle emissioni auto a 95 gr

Tutto da rifare. Dopo i sofferti accordi del giugno di quest’anno, Peter Aiman, il ministro tedesco dell’ambiente, ha reclamato alla camera europea maggiore flessibilità riguardo alle emissioni contaminanti derivanti dalle automobili a benzina. Solamente quattro mesi fa il parlamento comunitario e la presidenza europea – allora presieduta dall’Irlanda – avevano stabilito che i costruttori avrebbero dovuto ridurre le emissioni di anidride carbonica a 95 grammi per chilometro. Come troppo spesso accade, il compresso ecologico passa in secondo piano quando affetta l’economia di uno o più paesi.

Lo stesso Aiman ha candidamente ammesso che è necessario conciliare gli obiettivi in materia di cambiamenti climatici con la crescita. La Germania questa volta non “combatte” da sola, anzi, può contare su un alleato importante come la Gran Bretagna. Anche Edward Davey, Segretario di Stato per l’energia e il cambiamento climatico del governo inglese, si è detto preoccupato per l’impatto di tali misure. L’asse Londra – Berlino si avvale anche dell’appoggio di Polonia e Slovacchia oltre ad un timido consenso di Spagna, Portogallo e  Repubblica Ceca. Proprio il Segretario di Stato per l’ambiente spagnolo, Federico Ramos de Armas, ha dichiarato che il suo paese “non è indifferente alle preoccupazioni degli altri, in particolare a quelle della Germania”. Del tutto contrari alla revisione degli accordi si sono dette invece Olanda, Danimarca, Francia e Italia. Per adesso la bilancia pende a favore dei paesi “tedescofili” ma la negativa del gruppo dei quattro fa presagire una trattativa complicata.

Non si sono fatte attendere le dichiarazioni di Greenpeace. Gli attivisti dell’organizzazione ecologista hanno accusato il governo di Angela Merkel di ostruzionismo. Secondo la ONG canadese, le ingerenze della cancelliera avrebbero il solo scopo di proteggere l’economia del suo paese. Proprio qualche settimana fa – alla vigilia del recente successo elettorale – durante un discorso al Salone di Francoforte, la Merkel lanciò un monito all’UE. In quell’occasione la presidentessa tedesca disse che “l’Europa deve capire che non siamo un continente isolato bensì un continente impegnato in una competizione globale. Abbiamo bisogno di guardare oltre i nostri confini, spingere per un commercio aperto e libero ma allo stesso tempo non dobbiamo imporre maggiori oneri ai nostri settori produttivi”. Secondo T&E (Transport & Environment, un’ente no profit che si dedica ai temi della mobilità sostenibile) le case automobilistiche tedesche hanno fatto pressioni sui loro alleati affinché riaprissero le trattative riguardo l’abbattimento dell’anidride carbonica. Greg Archer, clean vehicles manager di T&E ha dichiarato che la ritrattazione tedesca porterà ad avere automobili meno efficienti oltre che più inquinanti e con consumi più alti. 

Andrea Orlando, il Ministro italiano dell’ambiente, ha sostenuto che “dopo quattro mesi dall’accordo, caratterizzato da realismo e ambizione, è arrivato il momento di dare seguito a quanto deciso mantenendo un elevato livello di ambizione”. Dello stesso avviso anche Connie Hedegaard, commissario europeo al clima, che ha dichiarato: “Dopo il rapporto dell’Ippc (relativo ai cambiamenti climatici) non è il momento di annacquare l’accordo sulla nuova legislazione per la CO2 delle auto. È tempo di approvarlo”. Inoltre, il politico danese ha rincarato la dose affermando che se non si raggiunge un accordo in prima lettura, il rischio concreto è quello di mandare tutto in fumo dato che il margine di manovra è molto stretto.